Prima la Comunità -

Intervento del nostro presidente su Avvenire a difesa del SSN

Riportiamo qui di seguito un editoriale, a firma del nostro presidente don Virginio Colmegna, uscito sul quotidiano Avvenire di sabato 14 dicembre.

Di seguito il testo:

La Legge di Bilancio attualmente in discussione rappresenta un pesante passo indietro per la sanità pubblica, già in affanno da anni. L’inadeguatezza dei finanziamenti previsti non sono solo un errore di politica economica, ma una scelta di campo che colpisce un diritto fondamentale. L’intero Servizio Sanitario Nazionale è messo in discussione da scelte che mortificano il principio di universalità e che rischiano di trasformare la salute in una merce. Non a caso la Corte Costituzionale ha già lanciato un monito chiaro: non si può sacrificare l’assistenza sanitaria per mere esigenze di bilancio.

Da troppo tempo, infatti, assistiamo alla progressiva erosione del SSN, un’eredità preziosa che aveva garantito standard elevati e accessibilità diffusa, un modello invidiato a livello internazionale. Ora l’appello “Non possiamo restare in silenzio. La società civile per la sanità pubblica” si presenta come un atto di coraggio, che non intende ridursi a un semplice elenco di rivendicazioni tecniche. Perché un sistema sanitario pubblico che arretra, lasciando scoperti interi settori della cura – dalla cronicità all’assistenza territoriale, dalla prevenzione alla riabilitazione – genera la paura di non potersi curare per mancanza di mezzi, che riemerge quasi come un incubo dal passato. In questo contesto, il ricorso al privato non è più neanche una libera scelta, ma diventa una sorta di costrizione. Si finisce per accettare, con rassegnazione, l’idea che la salute sia un privilegio, non più un diritto universale.

Le associazioni della società civile firmatarie dell’appello, già più di cento, rivendicano invece la necessità di un cambio di paradigma. La salute non è un servizio da acquistare sul mercato. La salute è un fenomeno complesso, che intreccia fattori sociali, economici, culturali, ambientali, abitativi ed educativi, quelli che l’OMS chiama i “Determinanti sociali di salute”. Una persona in difficoltà economica, un anziano isolato, un bambino che cresce in un contesto di degrado, un giovane senza prospettive lavorative stabili, famiglie monoreddito: tutti questi fattori incidono profondamente sulla salute.

L’obiettivo allora è molto più ambizioso: restituire alla salute il suo significato profondo, ricollocandola al centro di un progetto condiviso di comunità. Accanto a fenomeni come liste d’attesa interminabili, rinunce alle cure per motivi economici, mancanza di personale, demotivazione dei professionisti, rischia di sfuggirci il contesto più ampio: non siamo di fronte a un semplice problema di prestazioni sanitarie erogate con lentezza o in modo insufficiente, ma è l’intera idea di salute come bene comune, come patto sociale fondato su relazioni, inclusione e responsabilità reciproca, a essere messa in discussione.

Ecco perché la salute deve tornare a essere una priorità nell’agenda del Paese. Non possiamo abbassare la guardia mentre la Legge di Bilancio non prevede risorse sufficienti o le rialloca in modo inadeguato, favorendo di fatto la privatizzazione dell’assistenza. Così come non possiamo limitarci a chiedere più risorse senza pensare a come utilizzarle ovvero non possiamo immaginare la sanità come un ospedale isolato dal resto della comunità. Occorre rigenerare i legami di prossimità, valorizzare la formazione continua del personale, promuovere Case della Comunità come luoghi di ascolto e co-progettazione tra tutti gli attori di un territorio.

Il SSN non è un lusso, ma un elemento costitutivo della nostra democrazia. Investire in salute significa investire nella coesione sociale, nel rispetto della dignità umana, nella riduzione delle disuguaglianze tra territori e gruppi sociali. L’appello della società civile non è un grido nostalgico né un sogno ingenuo. È la richiesta, ferma e determinata, di arginare il declino e di rilanciare il SSN come garanzia di diritti, come strumento di giustizia sociale, come spazio di partecipazione e cittadinanza.
don Virginio Colmegna, presidente Prima la comunità

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